Obiettivi specifici di apprendimento: la parola “mafia” non c’è

Ieri a “Che tempo che fa” il bravissimo Pif ha ricordato così il compleanno di Rocco Chinnici e quello di Paolo Borsellino. Entrambi nati di gennaio, entrambi uccisi a luglio. Dalla mafia.

A un certo punto mi ha colpito una sua frase. Riferendosi alla sua esperienza scolastica e alla assenza di formazione strutturata sui temi dell’antimafia ha detto: “Perché non mi avete mai detto quanto è stato importante Rocco Chinnici per la nostra vita?”

Già. Perché?

Oggi, mi sono detto, le cose saranno certamente mutate, dopo Capaci e Via D’Amelio per lo meno. Le istituzioni, a ogni livello, specie quelle culturali, specie la scuola, avranno fatto tesoro delle parole di Dalla Chiesa, di Chinnici, di Falcone, di Borsellino: dei loro inviti pressanti a partire dalla scuola, dalla formazione dei giovani. Per battere la mafia. Per far sì che davvero, come tutti i fenomeni storici, oltre a un principio e a uno svolgimento, essa – per usare le parole del giudice Falcone – abbia anche una fine.

E invece…

Il quadro storico del secondo Novecento dovrà costruirsi attorno a tre linee fondamentali: 1) dalla “guerra fredda” alle svolte di fine Novecento: l’ONU, la questione tedesca, i due blocchi, l’età di Kruscev e Kennedy, il crollo del sistema sovietico, il processo di formazione dell’Unione Europea, i processi di globalizzazione, la rivoluzione informatica e le nuove conflittualità del mondo globale; 2) decolonizzazione e lotta per lo sviluppo in Asia, Africa e America latina: la nascita dello stato d’Israele e la questione palestinese, il movimento dei non-allineati, la rinascita della Cina e dell’India come potenze mondiali; 3) la storia d’Italia nel secondo dopoguerra: la ricostruzione, il boom economico, le riforme degli anni Sessanta e Settanta, il terrorismo, Tangentopoli e la crisi del sistema politico all’inizio degli anni 90“.

Questo quello su cui dovrà concentrarsi l’insegnante di storia, per es., di un liceo classico o scientifico, durante l’ultimo anno, secondo le indicazioni nazionali.

Ricostruzione, boom, riforme, terrorismo. Pure Tangentopoli e la crisi del sistema politico all’inizio dei Novanta. Niente di niente sul cancro che impedisce a questo paese di realizzare il dettato costituzionale, in particolare per quanto riguarda l’art. 3. La parola “mafia” non compare. Mai. 

Ora, io propongo questa battaglia: facciamo inserire un percorso irrinunciabile sul fenomeno mafioso nelle indicazioni nazionali sull’insegnamento della storia, anzitutto nell’ultimo anno della secondaria di secondo grado, ma senza rinunciare a obiettivi più ambiziosi.

Se non insegniamo ai ragazzi quello che uomini come Rocco Chinnici hanno  significato per questo paese, la loro testimonianza non si trasformerà mai in memoria collettiva. In antidoto.

Federico Ferri

L’Italia del futuro e il suo passato

Prendo lo spunto dal bel pezzo di Christian Raimo sulla fiction su Calabresi e da questo articolo di Sandra Bonsanti per sollevare una questione che ritengo decisiva.

Su le mani quanti insegnanti di storia alle superiori (alludo in particolare a quelle con due ore settimanali) riescono a raccontare gli anni decisivi della formazione della nostra Repubblica, dando ai ragazzi essenziali strumenti di analisi dell’oggi. Riusciamo a raccontare loro le radici del fenomeno mafioso, le dinamiche della Guerra Fredda, la “mutazione antropologica” degli anni del boom, gli Anni di Piombo e i nostri infiniti anni Ottanta?

Penso che molte cose cambierebbero se riuscissimo a insegnare queste cose ai ragazzi, per bene, scientificamente, dando loro strumenti, non tesi preconfezionate che piacciono a noi. Senza levarci sassolini dalla cattedra, ma semplicemente collegandoli al loro presente.

Chi ci sta a creare una comunità che condivida programmi, metodi, percorsi e costruisca un “curricolo irrinunciabile di storia” da proporre nelle sedi appropriate?

Federico Ferri